Un anno senz'acqua 

È passato un anno da quando comunicavamo al mondo che a Manituana era stata sospesa l'erogazione dell'acqua.

In questo anno abbiamo imparato alcune cose. Per esempio ad arrangiarci.

Speravamo che lo "scandalo" di uno spazio sociale privato dell'accesso a una risorsa potesse essere risolto politicamente, e così non è stato.

Dopotutto, i politici in questa città si muovono secondo due linee quando si tratta di spazi sociali.

O provano a imbonirli proponendo soluzioni sulle quali lucrare in termini di immagine e propaganda, o ti additano ad esempio negativo, pretendendo sgomberi e denunce.

Di più non potevamo aspettarci.

Lo stesso vale per quei tecnici che sostengono di aver solo razionalizzato, eseguito ordini, risolto una situazione di illegalità.

Ancora oggi non sappiamo perché a una comunità che ospita migliaia di persone e decine di attività quotidiane, aperte alla città e a persone di tutte le età, sia stata tolta l'acqua in un battito di ciglia.

Nessuno si è assunto le sue responsabilità, nessuno ha ritenuto di dover rendere conto della privazione arbitraria di un diritto.

Giova ricordarlo: la legalità di cui tanto si riempono la bocca non prevede il distacco dell'acqua in nessun caso.

La legge esiste solo se fa comodo a ricchi e potenti e ai loro amici e lacchè.

Abbiamo imparato che la comunità è molto più larga e forte di questi burocrati e mestieranti.

Da che ci hanno tolto l'acqua abbiamo raccolto solidarietà, sostegno e idee da chiunque, non solo da amicə e compagnə ma anche da chi non ci conosceva.

Abbiamo stretto nuovi legami, nuove alleanze, e siamo andatə avanti. A volte a fatica, ma siamo andatə avanti.

Abbiamo dovuto rivedere i nostri piani, perdendo del tempo ma trovando delle soluzioni che ci proiettano in un futuro difficile ma pieno di entusiasmo.

E nonostante questo, anche se alle volte siamo stanchə, non perdiamo la voglia di stare insieme e di immaginare e praticare il futuro che vorremmo.

Le soluzioni temporanee che abbiamo messo in campo si basano ancora su un'infrastruttura idrica fatiscente, bersaglio delle speculazioni finanziarie, e sulle risorse di un pianeta in sempre maggiore affanno, ugualmente messe a profitto a prescindere dalle conseguenze nel breve o nel lungo periodo.

Se piove su Torino si riempiono le cisterne con le quali riusciamo a mantenere lo spazio efficiente, altrimenti tocca tirare ancora la cinghia e fare affidamento sulle fontanelle, su quello che arriva alla fine del percorso nonostante i buchi, anzi le voragini, nella rete idrica.

Se non piove, se non si può vivere una vita bella, se si deve vivere per lavorare, se si devono subire sfruttamento, repressione e oppressione, pensiamo alle conseguenze per il nostro territorio, per chi ci sta intorno, e proviamo dolore e tanta voglia di riscatto.

Come noi, più di noi, tante persone soffrono per gli effetti di decenni di sfruttamento della risorsa idrica e degli ecosistemi, del cambiamento climatico.

Effetti che stanno trasformando il nostro territorio letteralmente in un deserto: in 12 mesi il Piemonte è diventato la regione più arida d'Italia.

Anche questo abbiamo imparato: continuiamo a essere fortunatə, perché abbiamo una rete di solidarietà che altrə non hanno, e come la pandemia anche la mancanza d'acqua ci ha insegnato che ci salviamo solo stando vicinə.

Siamo cambiatə negli ultimi tre anni, nell'ultimo anno, come tuttə, ma ci siamo conquistatə giorno per giorno il fatto di essere ancora qui.

Manituana è cresciuta, è sempre più complessa, ed è grazie a tuttə quellə che ci vedono qualcosa di importante e prezioso.

Assistiamo con sempre più rabbia all'inazione, al disinteresse, alla smania di profitto, maturiamo crescente disprezzo per i nemici della vita in ogni sua forma, della bellezza e della libertà che vogliamo per tuttə, ma costruiamo legami sempre più forti e sviluppiamo sempre più amore, più rabbia, per amicə, per alleatə, che non vogliamo lasciar solə.

Lottare non è facile, è faticoso, ma continuiamo a farlo nel nostro piccolo.

Abbiamo imparato tanto, e siamo ancora qui, dove volevamo essere e dove pensiamo di dover stare.