FINCHÉ L'ULTIMO FASCISTA NON SARÀ A TESTA IN GIÙ

Ciao a tuttu, siamo l'Assemblea Manituana e questo 25 aprile, a 80 anni dalla liberazione dal fascismo, siamo qui non solo per ricordare ma per vedere e descrivere meglio la realtà politica che ci circonda. Il fascismo oggi non ha più una sola faccia: oggi veste giacca e cravatta, firma decreti, parla di “decoro”, di “merito”. La repressione, la deportazione e la precarietà sono tutte forme dello stesso sistema, quel sistema che ci vuole zittire, dividere, spezzare facendoci credere che sia normale, che sia necessario e che le cose stanno in questo modo.
Ma non è vero, le cose non stanno per forza così, hanno un mandante; le comode e opprimenti idee fasciste, per le quali si firmano i decreti sicurezza, con cui si provano a zittire le proteste, con cui si armano le mani delle forze dell'ordine nel perpetrare le loro violenze nel nostro sangue, contro chi dimostra che si può vivere fuori da uno schema di estrema destra.
Oggi dobbiamo offrirci una nuova prospettiva, una nuova chiave di lettura: una lente che ci faccia davvero vedere le cose per come sono e di chi sono responsabilità. Perché non basta dirsi “contro”: dobbiamo capire come ci stanno fregando, dividendo e opprimendo, e soprattutto dove dobbiamo colpire. Il 25 aprile non è una festa, è un monito che ci ricorda che la libertà non è scontata, ed è stata ottenuta appendendo le persone con le stesse idee di chi oggi siede in Parlamento e deporta le persone migranti nei CPR, scheda le persone trans non garantendo percorsi di affermazione, mentre fa credere che non stia succedendo niente.

Cosa fa allora oggi la sinistra? E che ruolo hanno i centri sociali nel leggere e vivere la marginalità?
Perché mentre il margine cambia, muta, si sposta, noi spesso restiamo fermə, impantanatə in linguaggi vecchi, in strutture stanche, ancoratə a modi consarvativi di fare le cose, spaventatə dalla responsabilità che ci richiede una sincera messa in discussione.
La razionalità tecnologica a cui tanto si aggrappa la sinistra è la stessa che giustifica le armi, i genocidi e taglia il reddito aumentando i costi della vita. È la stessa che abbatte gli alberi in nome del “progresso” e poi si mette la maglietta “green”. E' la stessa che si dice antirazzista e non omofoba, lasciando però le persone senza diritti civili e sociali, come se il progressismo fosse un'idea e non una serie di azioni.
Dov’è la spiritualità nelle lotte? Dov’è il sentire, il desiderio, l’immaginazione?
Queer, trans, migranti, poverə… esistiamo ai margini: quei margini che NON sono vuoti da riempire ma spazi da cui far esplodere nuove visioni.
Non possiamo più permetterci di portare avanti lotte che non sentiamo. Non possiamo più far convivere l’oppressione con l’oppressə.

E allora serve il coraggio di buttare via quello che non funziona più. Anche se fa comodo, anche se è “storico”, anche se è “di sinistra”. Perché il problema vero è che troppo spesso la sinistra non crede nemmeno nelle lotte che dice di fare.
E allora noi, che invece ci crediamo, dobbiamo continuare a farci domande scomode, a costruire relazioni vere.
Siamo stanchə, sì. A volte ci sentiamo solə.
Ma lo sappiamo: non lo siamo mai davvero.
Siamo insieme — nelle idee, nella rabbia, nella voglia di rompere tutto e nella necessità di rifare meglio, per noi e per tuttu.
Continuiamo così. Continuiamo insieme, finché anche l'ultimo fascista non sarà di nuovo e sempre appeso a testa in giù, perché, anche dopo 80 anni, l'unico fascista buono è quello morto.