Casa di Vera e Libera

Siamo sotto casa di Libera e Vera Arduino, le stesse sorelle che abbiamo ricordato poco fa, fuori dal cimitero monumentale, le stesse che con la loro forza e tenacia ci insegnano a rimanere vigili, a non fraintendere i segnali di un sistema, un governo, un potere che vuole impedirci la piena autodeterminazione ed emancipazione, ma che ci preferisce asservitu, oppressu, silenziatu. A noi il compito di armarci con nuove strategie e alleanze contro leggi, finanziamenti, discorsi che legittimano violenza e abusi sui nostri corpi.

La Resistenza ci parla di comunità ampie dove si stringevano rapporti forti di fiducia, dove si investiva sull’unione contro l’individualismo militare promosso dal fascismo. Ci parla di sperimentazioni di scardinamento di certe gerarchie di potere patriarcali, di desideri di giustizia collettiva, ma anche di affermazione della libertà individuale. Di  rottura della passività in nome di una partecipazione attiva ai destini del paese, di affermazione di un nuovo ruolo nella società e nella collettività contro le tradizioni famigliari e comunitarie che considerano quello femminile come un sesso subalterno.

Oggi non vogliamo soltanto commemorare le persone che hanno perso la vita uccise dalla dittatura fascista, vogliamo ricordarci delle tante lotte che ancora oggi abbiamo l’obbligo di portare avanti, mosse dalla stessa rabbia, dallo stesso amore, odio e desiderio. Il fascismo come momento storico sarà pur finito, ma gli strumenti di oppressione con il quale si muove sono ancora presenti a ogni livello della nostra società: nello Stato, nella Chiesa, nelle nostre case, nell’educazione che riceviamo, nei finanziamenti ai gruppi e associazioni antiabortisti, nei femminicidi, transicidi, nelle paure che ci vengono inculcate sin da quando siamo persone piccole.

Veniamo davanti a questi luoghi e riscopriamo la forza che giorno dopo giorno dobbiamo avere e non possiamo lasciare andare. Combattevamo ieri, lo facciamo oggi e lo faremo domani, ogni giorno finché non otterremo giustizia e libertà, dignità per le nostre vite.

Vera e Libera erano figlie di una famiglia operaia come tante nella Torino degli anni 40. Povertà, politica e antifascismo sono il pane quotidiano della resistenza nei quartieri proletari di quegli anni. Vera ha 16 anni una ragazza adolescente, militante del Gruppo di difesa della donna a Barriera di Milano, un gruppo di azione partigiana legato al PCI e ai Giustizia e Libertà. Libera di anni ne ha 18, con il suo nome teoricamente vietato dalle leggi fasciste del 1935, è staffetta: porta notizie dai GAP di Barriera fino alla montagna.

“La sera del 12 marzo 1945 una squadra di fascisti prelevò dalla loro casa di via Moncrivello 1, Gaspare Arduino, operaio delle Acciaierie Fiat antifascista, le sue due figlie, Libera e Vera insieme ad alcuni loro ospiti”. Stavano facendo una riunione, diranno alcuni testimoni dopo la Liberazione, già perché alla Liberazione manca davvero poco, ma Libera e Vera non la vedranno. “Gli uomini, prima vennero torturati poi trucidati la notte stessa nei pressi dell’abitazione, in corso Belgio angolo via Lessolo. Vera e Libera, furono trucidate nei pressi del canale della Pellerina”. "Per il funerale delle Arduino alcune fabbriche hanno mandato delegazioni, altre durante i funerali si sono fermate". Alla Paracchi una ragazza è salita sul tetto e ha messo la bandiera rossa. Un compagno elettricista, che era nelle SAP, aveva staccato tutti i fili d’allarme perché i fascisti non chiamassero i rinforzi.

«Gli uomini fuggano tutti perché davanti al cimitero ci sono i fascisti, ce ne sono già due camion carichi!» “Così gli uomini si sono allontanati, davanti al cimitero siamo arrivate solo noi donne”.

Libera e vera Arduino sono state uccise, trucidate e violentate dai fascisti. Ma la loro memoria viene infangata quotidianamente e con loro la memoria della Resistenza. Viene infangata la loro memoria tutte le volte che la Resistenza viene ricordata come cosa da uomini. Tutte le volte che sentiamo e diciamo che le donne vanno protette perché sono il sesso debole, tutte le volte che viene negato loro (per una pretesa di femminilità) la possibilità di agire violenza, tutte le volte che assecondiamo il dominio patriarcale per comodità, per scelta o per rassegnazione. A Libera e a Vera, a tutte le militanti, femministe e antifasciste dimenticate dalla storiografia e dai movimenti: la vostra lotta, la nostra lotta, non è finita nel ’45, ma continua oggi insieme a noi contro ogni forma di oppressione e dominio.

Tuttə Vera, tuttə Libera!